martedì 4 marzo 2014

Kakaja Ukraina?


Kiev, 1995

4 marzo 2014 
Quando avevo diciotto anni leggevo  Evtušenko ed ascoltavo dal vivo Voznesenskij. La lingua russa mi piaceva, mi piaceva la sua forza. Mi piacevano i suoi grandi scrittori, i vecchi ed i nuovi poeti con le voci che sapevano di rinnovamento.

Cresciuta in una famiglia conservatrice conoscevo solo i luoghi comuni insinuati dalla propaganda catto-fascista e l’orrore della dittatura sovietica. 

In quegli anni ’60 iniziava il cosiddetto “disgelo” ed io speravo che fosse l’inizio di un cammino che avrebbe portato ad incontrarci. 

Non sapevo che non sarebbe durato e, soprattutto, non potevo prevedere tutta la meraviglia, lo stupore, l’amore che avrei portato negli anni seguenti per l’ideale, prima comunista e poi anarchico.

Poi ho constatato che è stato un fuoco di paglia, che l’anima russa così forte e fiera è condannata a votarsi alla subalternità di un tiranno, piuttosto che di una oligarchia e la sua crescente richiesta di democrazia non è che una tendenza a sottostare ad una plutocrazia.

In queste ore di veglia per lo scadere dell’ultimatum di oggi alle 5, mi sono tornati in mente due poeti degli anni del disgelo, i poety-pesenniki,  gli chansonniers dei  samizdat: Okudžava  e Ginzburg, meglio noto come Galič.
 
Il primo cantava:
                                non credere alla guerra, ragazzo,
                                non crederci, la guerra è triste,
                                è molto triste, ragazzo,
                                la guerra è stretta come le scarpe.

Ed il secondo, riferendosi a un film di quegli anni “Cieli puliti”, considerato il manifesto del socialismo dal volto umano,:
                               ….       non dividere il pane coi farabutti,
                               non cadere bocconi di fronte alla lusinga,
                               e non credere in nessun cielo pulito     ….

E ancor meglio lanciava l’amaro, sarcastico, spietato refrain:

                                                        ... ogni conversione a destra comincia dal piede sinistro.

Amico mio ruteno, che stai in America col corpo e a piazza Maidan col cuore, ricordati della canzone “il treno” 
... in odio al secolo veloce, sonnolenti
viviamo disertando i vivi:
non resistenza della coscienza –
la più comoda delle mattane!
E solo qualche volta sotto il cuore
Una fitta dolorosa e furente:
parte il nostro treno per  Oswięcim!
Il nostro treno parte per Oswięcim!
Oggi e tutti i giorni …


Notte di considerazioni amare, non solo per i russi e gli ucraini, ma anche per noi

  ... ogni conversione a destra comincia dal piede sinistro.