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domenica 22 maggio 2016

diffidate gente dell'"IO"




Diffidate gente di chi inizia tutti i suoi discorsi con “Io”,
anche se si dichiarano amici non lo sono e non lo saranno mai veramente.

Sarà una falsa modestia cattolica, ma mi è stato insegnato che non era educato iniziare i discorsi con “io”.
Bene, ho sempre applicato questa regola e, nel tempo, mi sono accorta che costruiva pace, chi non l’applicava non aveva solo degli opinabili problemi di educazione, ma aveva dei seri problemi di rapporto sociale.
Le persone che iniziano tutti i loro discorsi con “io”

non ascoltano gli altri, si “contrappongono” sempre, si misurano sempre con agli altri in base a giudizi preconcetti, nei quali danno sempre a sé stessi maggior valore che agli altri.

Il continuare a confrontarsi è foriero di guerre,

sì, perché le guerre nascono da piccole cose agite da piccoli uomini.

I piccoli uomini hanno sempre bisogno di schiacciare gli altri per sentirsi qualcuno.
Li schiacciano con la forza di un successo effimero, conteggiato sulla quantità di soldi posseduti o fatti transitare nelle loro mani. A loro non importa quale valore morale o sociale gli altri possano avere, quanto amore siano stati capaci di dare o suscitare, quanto ne potranno ancora dare. A loro non importa di tutti coloro che hanno un animo o una mente semplice, poca o tanta cultura, 
se non hanno saputo trasformare tutto ciò in soldoni:

sono poveri, quindi non valgono niente.

I poveri si possono umiliare in mille modi: girando la testa da un’altra parte, anche quando il gesto di dare una monetina non può scalfire la ricchezza acquisita. 
Si possono umiliare sminuendone sempre le aspirazioni, i sogni, le idee, le capacità. 
Si può dare ad uno dell’incapace senza neanche avere il coraggio di farlo direttamente, basta fare gli esempi di “altri” e contrapporli alla propria “saggezza”. 
E se le persone si ribellano all’ovvietà dell’offesa, allora si aggiunge anche un insulto alla loro intelligenza, rinnegando l’intenzione di offendere.

I maramaldi dell’io spesso invocano a loro sostegno un Dio,
ma altrettanto spesso si dimenticano di quelle regole che esistono in tutte le religioni
e che, in quella di più largo uso in Italia, si chiamano “di carità”.

Sovente, pur conoscendo il significato vero di parole come:
empatia, partecipazione, amicizia, condivisione di momenti piacevoli e spiacevoli, di sogni, di speranze, di progetti,
non riescono a viverle.


Diffidate di chi incomincia tutti i suoi discorsi con “io”,

sono persone che costruiscono differenze, diffidenze, giudizi, insomma partono dal basso, da cose che sembrano di poco conto, ma alla fine creano guerra e distruzione .

mercoledì 10 dicembre 2014

Non sono clandestina , non sono straniera comunque la mia famiglia viene da lontano nel mondo.




Parte della mia famiglia è partita da un lontano paese della Scozia.
  
Come mercanti avevano la curiosità di provare i mercati nel Nuovo Mondo, allora appena scoperto. Hanno assistito alla creazione di un Impero, ne hanno fatto parte e come suoi rappresentanti sono tornati nella vecchia Europa, in Africa ed in Asia.

Ora i loro discendenti, sono presenti nelle due Americhe, in Europa, in Asia.

Molti di noi si conoscono, si amano, pur essendo tutti profondamente differenti, 
improntati dalla cultura e dall’educazione del Paese nel quale sono cresciuti.


Mi riesce molto difficile capire confini, barriere, distinguo come “noi” e “loro”. 
Sono cresciuta in una società che aveva appena abbandonato il “Voi” come forma di rispetto, per cui alle persone più anziane di me do ancora del “Lei”, ma a tutti gli altri do del “tu” e 
a qualunque persona io incontri 
sull’ascensore condominiale, per strada o su un sentiero di montagna 
sorrido, do la mano o un abbraccio e anche se,
 razionalmente non credo più in un Dio definito, dentro di me sgorga silente un

 “Dio ti benedica!” 


Nella giornata commemorativa dell'istituzione della prima Carta dei Diritti dell'Uomo

sabato 21 settembre 2013

girano le stelle nella notte ed io...



Notte di luna piena, 
notte insonne.

Sarà per il caffè serale, per la luna, sarà per aver ascoltato il discorso (per fortuna solo in parte!) del delirante.

Mentre lo ascoltavo cercando di non incavolarmi troppo, mi è venuto in mente un servizio fatto diversi lustri fa in Croce.
Rientravamo da un servizio stanchi e provati nello spirito, i nostri vent’anni sentivano l’esigenza di riprendersi; quando l’autista, guardando nello specchietto retrovisore, ha visto che ci seguiva una Ferrari e ce l’ha comunicato. Improvvisa si è accesa nella testa di tutta la squadra una lampadina: fermiamolo, carichiamo lui e gli prendiamo le chiavi della Ferrari, poi lo portiamo al Paolo Pini (manicomio milanese) e diciamo che dà in escandescenze perché è affetto da manie di grandezza, prima che gli credano facciamo a tempo a farci una nottata brava con la Ferrari! Un mare di risate ed il groppo in gola se n’era andato.

Perché in questi anni nessuno ha mai pensato di fare lo stesso scherzo al nano?
Come quando se la tira dicendo: “cercano di eliminarmi per via giustiziaria”. Come mai, in 20 anni, nessuno l’ha eliminato semplicemente per via?

Ma, forse tutti quegli italiani che lui reputa solo dei coglioni sono più saggi di quanto si creda.

Ecco, la mia serata si è imbastardita così, i disagi si sono sommati ed hanno scacciato totalmente il sonno.

Così la testa cerca rifugio nei ricordi belli e tornano in mente il cielo stellato sul mare, l’aria salmastra e le parole di una vecchia canzone:

Girano le stelle nella notte ed io
Ti penso forte forte e forte ti vorrei …
Non conosco la ragione che mi spiegherà…
E se il cuore batte forte non si fermerà …
C’è una luce che m’invade ed io non posso più dormire
Mi sconvolge l’emozione e non so perché …
Scoppia nella notte il sentimento mio
Ti sento forte forte e forte ti vorrei



mercoledì 11 settembre 2013

nell'orto



Molto, molto difficile riprendere in mano un discorso che è scivolato via come la sabbia tra le dita.
E’ un giorno di  dolore, di ricorrenze infauste, che vorrei avessero insegnato il valore di una vita dignitosa, secondo i valori di base e non quelli di mercato o della sopraffazione. Avrei tanto voluto che quelle morti fossero riscattate dall’insegnamento che il mondo poteva trarne. Invece sono state usate per portare avanti un discorso di sopraffazione, di interessi, tanto da svuotarle di senso.
Così ricomincio dal piccolo privato di un piccolo essere. Vorrei parlare del mio periodo “out”, della fatica di non perdere i contatti con una realtà che non capisco più, che non condivido, vorrei parlare della speranza di non svegliarmi più, del senso di disperazione che mi accompagna da lunghi mesi e di quel sottile filo che mi tiene ancora legata alla vita. Vorrei parlare di questo andare come i gamberi, un po’ avanti, un po’ indietro, così-così di lato, nell’attesa di un risveglio generale, che torni a dare un senso al vivere.
Durante le giornate in cui vado di lato, cerco di fare delle cose che mi leghino alla terra, alla natura. Non riesco ancora a fare le lunghe passeggiate che mi rimettevano in pace col mondo, sto nell’orto. Il mio orticello sinergico con le aiuole alte di vitalba intrecciata, dove verdure e fiori si confondono.  Accarezzo le aromatiche per avere in cambio un po’ del loro meraviglioso profumo. E contemplo le foglie una per una.
Quest’anno ho condiviso l’orto con vari animali: di una proda di insalata abbiamo fatto a metà un giovane capriolo ed io. Aveva una predilezione per la gentilina; entrava nell’orto dalla parte del bosco, mangiava e quando se ne andava, bramiva. Non ho capito se chiamasse anche gli altri alla mensa o se mi ringraziasse. Che era giovane sono sicura perché il suo era un bramito gentile e quasi sommesso, non come quello osceno dei maschi quando cercano la femmina.
Poi ho giocato a nascondino con un esercito di lumache di tutte le dimensioni.  Con loro il gioco finiva con un bel lancio nell’erba al di là della siepe di “spini” ed era stancante solo per il numero di lanci. Invece con i grilli talpa, con le nottue e con i ramarri è stata un’avventura, che spesso finiva male per loro, perché Cocca la mia cagnolina-ombra, li seccava, convinta di farmi un favore.
Per fortuna che, nonostante volesse a tutti i costi compiacermi, non ha mai superato lo schifo di addentare un rospo, così Clodoveo ha avuto il tempo di prolificare. Mi sto ancora domandando dove, perché quando eravamo in Liguria, vedevo galleggiare nel torrente i tubicini trasparenti con dentro le uova, ma qui il torrente è proprio un torrente, va in secca con la stagione calda. Per cui dove avrà messo i suoi tubicini?
Non ho mai visto tante farfalle come quest’anno, ce n’erano parecchie di vari colori, ma centinaia bianche. In certi momenti a guardare il campo davanti a casa era tutto un tremolìo di ali bianche. Chissà come mai? Anche l’orto era pieno di ali, oltre a loro c’erano un sacco di aleurodidi voracissime, di altiche, di dorifere, maggiolini e cetonie. Una grande ansia da parte mia nel cercare di distinguerle dalle ausiliarie e benedette coccinelle e crisope. Poi:  lavare via gli insetti dannosi, ucciderli o rispettarli in quanto parte di un sistema che è anche il mio?
Intervenire in Syria o no? Perché non rispettare anche nelle peggiori espressioni la loro individualità, i loro tempi di maturazione? Noi non siamo diventati democratici in tempi brevi. E poi quanto è civile questo nostro essere? Non usiamo più il sarin o la pirite, ma continuiamo a produrli per poterne trarre profitto. Dov’è la differenza?
Ora che ci sono già alcune aiuole invernali coi vari tipi di cavoli, passo il tempo il tempo a controllare le foglie una per una, lavare via le uova della cavolaia e raccogliere i bruchi della stessa.
Ogni tanto mi fa compagnia un biacco bellissimo. Ci incontriamo sempre per caso. L’altro giorno un suo giovane discendente, che aveva solo la testa colorata e due grandi occhioni, è entrato in casa. Per fortuna la mia amica, che l’ha trovato scopando il portico, non si è spaventata, così l’abbiamo messo dentro ad un barattolo per vederlo bene e poi, visto che già abbiamo un rappresentante della specie nell’orto, siamo andati a liberarlo vicino al fiume di fondo valle. Il terreno lì è abbastanza coperto dagli alberi per permettergli di sopravvivere ai rapaci.
Dopo un inverno di cornacchie (che io chiamo Totò, perché ci assomigliano proprio!) quest’estate è stata la volta di una coppia di rapaci che ha addestrato al volo e alla caccia il suo piccolo. Proprio sopra le nostre teste.

Difatti è parecchio che fra il biacco ed i rapaci, non vediamo topolini. L’ultimo è stato il topolino dal dorso rosso.  Ma questo è un altro discorso.

giovedì 14 marzo 2013

Lettera aperta ai compagni catto-comunisti


Lettera aperta ai compagni catto-comunisti




Cari compagni,

ho letto ieri che siete molto contenti che questo nuovo Papa venga dalle Americhe e che abbia scelto un nome evocativo di una vita spesa al servizio dei poveri.

Primo, vorrei ricordarvi che politicamente un nome non corrisponde sempre alle promesse, per cui è presto per esultare.

Secondo, questo Papa viene dalle file dei Gesuiti, i Soldati di Dio, ai quali dobbiamo Inquisizione e Guerre di Conquista in nome di Dio. Non a caso non hanno ripudiato ufficialmente il recente “Gott mit uns”.

Ma queste sono cose abbastanza remote e allora torniamo ad un passato più recente:

Congresso di Medellin, 1968. La Chiesa sudamericana, tutta, discusse sulla necessità di adottare la Teoria da libertaçao. Vinse la componente legata ai poteri forti e non fu minimamente presa in considerazione.

Personalmente ho incontrato, all’Aeroporto di Fiumicino, uno dei partecipanti inviato a spiegare all’allora Papa cos’era questa Teoria e a chiederne l’ intervento. Se ne andava, dopo un fermo diniego, molto abbattuto e mi ha consegnato una copia che aveva portato in più a Roma da dare a chi avesse voluto perorare la causa della Chiesa dei poveri.

Ho ancora quella copia, che, coerentemente, è rilegata in cartoncino grigio, battuta a macchina. Per noi a Nuova Ostia, all’Acquedotto Felice e nelle altre Borgate romane dove eravamo impegnati con i preti operai, era già realtà.

Il sogno della Chiesa dei poveri è stato schiacciato e buttato via dal Potere della Chiesa dei ricchi.

Spero che questo nuovo Papa, essendo maturato, riveda la posizione tenuta dalla sua Chiesa a Medellin e ci stupisca , riprendendo in esame la Teoria da libertaçao, non sarebbe meno di quanto fece Woytila quando parteggiò apertamente per il Movimento Operaio Polacco.

Piccoli passi, che una Chiesa conservatrice, dovrebbe a chi crede in quanto insegnato e messo in pratica da Cristo e dal suo seguace Francesco.



domenica 30 dicembre 2012



Per chi trova che sia troppo marxista dire che

“ la rivoluzione deve essere continua”

ecco una perla di Pirandello



. . Perchè una realtà non ci fu data e non c’è;
ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere;
e non sarà mai una per sempre,
ma di continuo e infinitamente mutabile. .


Guardo questo mare e penso ai prossimi mesi.....

sabato 19 maggio 2012

Banda Bassotti




Questa piccola nota su cui meditare è per le mie figlie, che erano molto piccole, o per quegli amici giovani che non erano ancora nati, quando sono successe le cose su cui vorrei che meditassero per sapersi regolare.

Negli anni 1977/78 in Europa si tenevano le elezioni presidenziali nei  principali Paesi (Germania, Francia, Italia)

Alla prima tornata per le presidenziali francesi vinse la sinistra, la Germania la seguì a ruota; stavamo per votare anche in Italia e… nonostante un tenace lavoro preparatorio tenuto prima (a base di stragi), si aveva netta l’impressione che anche qui stesse per prevalere la sinistra (intendiamoci bene era già passata l’infatuazione maoista, la ribellione contro tutto ciò che era a stelle e strisce).

Gli italiani, nonostante fossero tirati da una parte e dall’altra a suon di gambizzazioni e stragi, stavano per decidere con la loro testa.

Ed ecco esplodere il caso Moro. (Moro, nonostante fosse della DC, era per un dialogo con la sinistra, non un’apertura, solo un dialogo tra una persona pulita che voleva capire e gli italiani che stavano al contradditorio).  Hanno rapito proprio lui e nessuno dei suoi si è mosso per aiutarlo.

Così la banda bassotti, indossata la maschera, ha avuto mano libera per ingabbiare e reprimere chiunque girasse la testa a sinistra. Colpo nello stomaco agli degli italiani o agli europei tout court. La seconda mandata in Francia registra un cambio di direzione, in Italia pure la gente abbassa la testa ed abbozza. Solo in Germania Wenders osa porre delle domande col suo "Deutschlander Herbst".

Gli anni ci hanno dimostrato che i servizi avrebbero potuto evitare stragi, gambizzazioni, uccisioni, il rapimento e l’esecuzione di Moro e anzi, a me è rimasto qualche dubbio pure su chi abbia agito veramente. Gli anni hanno anche dimostrato che mafia e potere politico sono sempre stati strettamente connessi.

Pensiamo a come stiamo adesso

  • Teniamo presente che la banda bassotti è sempre al potere, anche se con altri volti sotto le maschere (checché se ne dica, anche se da onorevoli sono passati a senatori, alla Camera almeno per loro c’è stato un ricambio generazionale!).
  • Pensiamo ai risultati dei processi per i fatti di Genova, di Piazza della Loggia,
  • pensiamo al recente ferimento di un Dirigente e alla pista anarchica subito evocata,
  • pensiamo all’attentato di stamane ….

Pensiamo al fatto che metà dei capi europei sta seduto sui carboni ardenti, in ostaggio ad un meeting americano. Non penso a Obama, penso alla banda bassotti internazionale.

Un pugno nello stomaco agli italiani e .. solo agli italiani?

Banche? Business? Banda bassotti, tout court?




sabato 24 marzo 2012

mercoledì 26 ottobre 2011

ricominciare






Respirare sembra una cosa così semplice, scontata, ma basta mettersi a contare i respiri per perderne il controllo ed incominciare ad affannare.
È quello che mi è successo negli ultimi mesi col respiro, coi pensieri.
Cercare di conciliare la realtà con le aspirazioni, col futuro mi ha portato al buio più completo.



Ora ricomincio piano, piano: oggi vediamo di arrivare a sera.




sabato 2 aprile 2011

Kennst du das Land wo die Zitronen blühen….


Kennst du das Land wo die Zitronen blühen….

Vedi amico caro, questo è il paese gentile dove fioriscono i limoni, dove il premier ti promette accoglienza degna e, mentre si compra una villa dove tu fortunosamente approdi, ti lascia a dormire sotto le stelle.

Quale incanto il mare blu ed il cielo stellato sopra di te, peccato il vento, la mancanza di cibo, acqua, toilette.

Però il Governo illuminato pensa a te: ti deporta, su pullman e navi in centri lontani da ogni possibilità di inserimento, dove non troverai lavoro, ma la complice pietà di qualcuno che si girerà da un’altra parte mentre tu scappi.

Ti schederanno, vaglieranno le tue ragioni e dovranno essere valide al contrario di ogni normale logica.

Se non rischi di essere ucciso al tuo Paese, ti rimpatrieranno, perché loro hanno deciso che è un delitto da parte tua cercare di migliorare la vita tua e dei tuoi cari, offrire i tuoi studi, le tue braccia.


Vedi, la nostra è una società strutturata in modo che pochi possano avere il tanto che i più non hanno.

Non è sostanzialmente diversa da quella che ti sei lasciato alle spalle con una rivoluzione.

Qui, quei pochi fomentano le paure di chi poco ha, gli fanno credere che tu finirai per sottrargli anche quel poco che gli è rimasto, lasciano soli coloro che vi hanno accolto per anni dividendo con voi tutto ciò che avevano.


Per te forse è veramente meglio stare o tornare nel tuo Paese che ha riscoperto la dignità, che qui s’è persa nelle stanze del potere.

È molto probabile che tu abbia un futuro migliore nel tuo rinato Paese, piuttosto che in questo di persone rassegnate alle peggiori manifestazioni della sua classe dirigente.


Forse dovremmo venire noi nel tuo Paese per imparare come si fa a far cadere un dittatore ed il suo entourage.

Ma ho la sensazione che il nano bugiardo sia molto simile al suo caro amico libico… non mollerà la presa fino al tanto invocato giudizio super partes.

Allora io continuo a sperare in un grandioso: zooot!

Che incenerisca lui e faccia sciogliere i suoi prezzolati come neve al sole.

lunedì 7 marzo 2011

8 marzo 2011

Oggi, alla vigilia della giornata dedicata “alle donne”, come ogni anno mi raccolgo per fare un piccolo bilancio del mio, del nostro “essere donna” in questa Società. Lo faccio come per tutte le altre feste importanti per trovarmi preparata a dare a questo giorno il giusto valore.

Anche se le origini della Giornata dedicata alle donne sono abbastanza discusse e confuse, la si può identificare con una battaglia portata avanti dalle donne comuniste nel lontano 1907, a Stoccarda, per il riconoscimento del diritto di voto esteso alle donne e caldeggiato da Rosa Luxemburg. Tuttavia l’iconografia vuole farla risalire alle tragiche conseguenze di uno sciopero delle camiciaie americane che si tenne nel 1911. Probabilmente chiuse dal proprietario, 146 donne morirono nell’incendio di una fabbrica.

Per me l’8 marzo, qualsiasi origine voglia dargli, non è un giorno di festa e non riesco a capire come possa essere vissuto in questo senso.

Mi ritornano in mente le manifestazioni dell’8 marzo di tanti anni fa, quando ancora ci si ricordava che il diritto al voto, in Italia, ci era stato concesso solo nel 1946
e ci si ricordava anche delle camiciaie morte nell’incendio a New York,
e
si gridava la rabbia di essere discriminate in quanto donne:
l’obbligo sociale di considerarsi complementari ad un uomo,
fosse esso il padre, il fratello, il marito.

Quante amiche ho avuto, cui la morte del padre ha sottratto un futuro, quando erano magari già all’Università. Laddove non c’erano risorse sufficienti a mantenere il decoro famigliare, per restringere i consumi, si ritirava dagli studi la ragazza. Si sarebbe potuto rinunciare alle vacanze, alla macchina, alla fettina, no, era compito della ragazza rinunciare al suo futuro, tanto lei bene o male si sarebbe sposata e avrebbe avuto altro da fare che esercitare una professione.

Mi ritorna in mente quando si prestavano le case al CISA, perché facesse abortire le donne, seguite da medici e non da mammane.
Sì, perché la sessualità femminile era disconosciuta anche all’interno della famiglia, se una donna rimaneva incinta era colpa sua, era lei che doveva rischiare la pelle se il marito non se la sentiva di accogliere una nuova bocca da sfamare.

Se c’erano uomini con problemi di accettazione di sé stessi nei confronti della Società, che si sentivano sminuiti dal fatto che la propria moglie lavorasse, la donna doveva rimanere a casa ed arrabattarsi per far sembrare che quanto guadagnava il marito bastasse a mantenere la famiglia con decoro.

Mi domando quante cose siano cambiate.

Ora le donne possono contare sull’assistenza ospedaliera per abortire, ma le ragioni per cui abortiscono non sono cambiate, continua a non esserci una educazione sessuale di ambo i sessi nell’età formativa, per cui giovani e meno giovani uomini continuano a prevaricare le loro compagne e a colpevolizzarle facendo pagare solo a loro lo scotto dell’imprevidenza, della non assunzione di responsabilità.

Ultimamente ho passato una mattina in un ospedale milanese, proprio nella giornata nella quale si praticavano gli aborti. Le donne erano quasi tutte poco più che bambine, immigrate, emarginate, si stringevano come tanti cuccioli, totalmente impreparate a ciò che le aspettava, timorose di ciò che non conoscevano e le uniche persone “pietose” nei loro riguardi, anche se sbrigative, erano le infermiere.

Ho visto molte ragazze lontane dalle famiglie, vivere da sole, per poter studiare, lavorare per mantenersi, precarie in tutto: lavoro, casa, amori.
Le ho viste lottare per mantenere il buon umore ed il diritto di essere considerate esseri umani con pari dignità
ed ho visto i loro coetanei continuare a vivere coi genitori perché, secondo loro non possono permettersi altrimenti con un lavoro precario. Però li ho visti non mancare una sera alla settimana al rito della birra con gli amici, alla partita al calcetto, al concerto dei loro cantanti preferiti, al week end all’estero col volo low cost, all’Apple. Lavorano anche loro, per carità, ma l’impegno non è lo stesso, spesso per le famiglie lui è il poverino che è ingiusto chiamare “bamboccione”,
la sorella, la figlia o la moglie continuano ad essere quelle “originali”, “ribelli”, che non si accontentano!

Ho visto nelle ditte, negli uffici, nicchiare di fronte all’assunzione definitiva di donne in età fertile, promuovere un uomo invece di una donna a pari merito o pari rischio!

Molte cose sembrano essere arrivate a maturazione, ma in realtà il senso si è perso per strada, sono cambiate solo certe forme, ma non la sostanza.

In questa vigilia sono un po’ triste e penso a quante donne invece di gridare il loro sconcerto, la loro non comprensione di questa disparità,
si riuniranno a mangiare una pizza e si sentiranno emancipate solo dal poterlo fare e magari dal poter andare in una pizzeria che offre uno spogliarello maschile.

Probabilmente nessuna di loro si ricorderà il nome dell’ultima camiciaia della Triangle, identificata solo pochi giorni fa, cent’anni dopo la sua morte:
Maria Giuseppa Lauletti.

mercoledì 26 gennaio 2011

27 gennaio 2011




Mattina, freddo cane. Mi lavo rabbrividendo e mi vesto in tutta fretta. Giorgio accende la stufa. Mangiamo la nostra tazza di yogurt, un caffè. Neve, freddo. Si rimanda tutto a tempi migliori. Attesa, freddo.
Sera, freddo. Si cena presto: una zuppa calda. Ci si infila cappello, giacca e sciarpa e si va in biblioteca a vedere il telegiornale. Freddo.
Si va a letto, il bicchiere d’acqua sul comodino. Qualche volta ghiaccia e si rompe il bicchiere.
Siamo fortunati la nostra è una scelta, masochista in questo periodo dell’anno, ma una scelta.

Nei lager loro non sceglievano.

Questa notte,
memore delle fiabe nelle quali chi,
fuggendo l’orco,
si perde nel bosco
ma trova il coraggio di camminare nel buio guidato da un lumino lontano,
terrò acceso un cero alla finestra.
Terrò acceso il cero che non ho potuto accendere 66 anni fa.

Per non dimenticare,
per chiedere scusa,
per non ripetere,
perché come scrisse Shakespeare:

tutti possono dominare il dolore, tranne chi lo prova

venerdì 14 gennaio 2011

O me la dai o scendi!


Come è andata è andata, anzi visto come l’ha messa a ricatto Marchionne, spero che i lavoratori della FIAT di Torino abbiano votato il sì. Non che sia una garanzia per il futuro, ma almeno possono usare quel po’ di ossigeno che gli rimane per cercare di fargli il c. prima che lui finisca di farlo a loro.
In questo momento in Italia, loro, per quanto disagiati e ricattati, possono reputarsi fortunati di avere un lavoro. Ci sono tante, troppe persone che non l’hanno, l’hanno perso o non l’hanno mai trovato, ce l’hanno mal pagato e senza nessun diritto, precario, c’è chi è in cassa integrazione, chi non sa più se vivere o morire, insomma c’è gente che sta infinitamente più disperata di loro.

Quando, acquisite certe sicurezze, si è cercato di passare ad un discorso di dignità del lavoratore, di equità:
meno lavoro, lavoro per tutti,
la gran parte di quelli che si erano affrancati ha pensato solo a sé stessa. La chimera del sentirsi qualcuno, finalmente; il poter consumare liberamente senza accorgersi di diventare limoni da spremere.
La bulimia del consumo senza fine:
un televisore, due televisori, una casa, due case, una macchina, due macchine, un telefonino, due telefonini. Finita l’epoca “dell’uno addosso l’altro al fosso”, ci vuole l’armadio a 8 stagioni, la mega scarpiera, il frullino, il grattì, il mixer, la ginnastica per tonificare, sembrare giovani, essere o farsi la mignotta/o, la vacanza al mare d’estate, quella in montagna d’inverno, il Club Mediterranée, Sharm el Sheik, Cuba, e così via….. senza fine, sempre più consumatori di tutto,
sempre più lontani dalla soddisfazione e dall’equità!

Basta battersi per l’edilizia popolare, così il mercato degli affitti sale alle stelle e conviene fare un mutuo.
Basta battersi per i mezzi sociali, così tutti possiamo avere due o tre macchine in famiglia, ci possiamo svegliare quando ci pare, scaccolarci comodamente, fumare, andare a prendere i figli a scuola in macchina.
Peccato che poi dobbiamo alzarci prima perché le strade sono intasate, dobbiamo litigare per fermarci in terza fila in attesa dei figli.
Peccato che i figli si schiantino il sabato sera.
Le creature crescono auto-centrate , rimbalzate tra corsi di ogni tipo, debbono avere tutto ciò che è status symbol.
Son così devastati che si convincono veramente di essere solo se appaiono, se consumano.
Sono spesso disorientati, insicuri, incapaci di prestare attenzione a ciò che stanno facendo per più di cinque minuti .
Sono sociali solo quando giocano a calcetto, non si dividono più niente, non dico la merendina, ma nemmeno una canna, preferiscono calarsi qualche pasticca.
Peccato che siano soli.

Dopo le guerre la gente scioccata trova il coraggio di riprendersi, di reinventarsi una vita partendo dai bisogni primari, dai valori di base: condividendo, ricostituisce la società…

Il ricatto di Marchionne, dovrebbe farci l’effetto di una guerra e farci riconsiderare che
il futuro non è nella delocalizzazione vista semplicemente come sfruttamento di altri,
ma nella redistribuzione globale del lavoro.
Dovrebbe ricordarci l’importanza di stabilire nel proprio singolo animo quello che è
lo stato dei diritti e dei doveri di ogni essere umano sia esso lavoratore o datore di lavoro.

Dove erano i sindacalisti delle fabbriche quando in occasione di partite di calcio c’era un assenteismo del 70%?
Come hanno potuto accettare i lavoratori che i sindacalisti si spartissero le quote di assunzione nelle fabbriche?
Come hanno permesso i titolari delle piccole imprese artigiane a cui era rivolta la Legge Biagi, che questa venisse impugnata dai soliti furbetti e trasformata in una forma di sfruttamento e di ingiustizia sociale?
Come possono permettere i lavoratori a tempo indeterminato che loro compagni vengano fatti lavorare con contratti fasulli a tempo determinato?
Come si è permesso che una cronicità dello straordinario non fosse letta come esigenza di altri lavoratori?
Come ha potuto essere reintrodotto il caporalato sotto veste di agenzie di lavoro interinale?

Forse domani, che abbiano votato sì o no, alla FIAT, ci conviene, riconsiderare il nostro modo di vivere e recuperare la dignità come esseri umani, come lavoratori o datori di lavoro.

Perché questi sono i guai che prima o poi capitano quando, per pigrizia o per non apparire dei proletari, si accetta un passaggio in canna, senza verificare se la bicicletta è da uomo o da donna.


sabato 27 novembre 2010

Adolescenti disorientati ed abbattuti ?!?





Questa mattina ascoltavo una giovane madre preoccupata per sua figlia, studentessa liceale, lavoratrice, intelligente, apparentemente senza problemi, ma perennemente “abbattuta”. Ci si domandava come mai, poi, proprio riflettendo sull’intelligenza del soggetto, mi è venuto in mente che se sono tempi difficili per tanti adulti, ancor più debbono esserlo per tanti adolescenti che non trovano riscontro nei cosiddetti fatti-maestri di vita.
I fatti sociali che dovrebbero portare all’osservazione, alla meditazione e di conseguenza a scelte di crescita, vengono strumentalizzati, usati e gettati senza il più piccolo commento sulla loro conclusione aberrante, sul comportamento aberrante delle persone a cui è demandata la soluzione. Come se, gli attori e anche chi ne è messo a parte non contasse assolutamente niente, come se tutti fossero solo astrazioni di fronte all’importanza dell’audience.




Per esempio, uno dei fatti più ponderosi, successi ultimamente e seguiti con clamore dai media:




l’occupazione della gru a Brescia.



Questo fatto aveva puntato il dito su:



- la disfunzione e la totale illogicità, nonché mancanza di umanità
della Legge sugli immigrati-lavoratori:
- la confusione dei significati immigrato, rifugiato politico, clandestino
usati tutti come sinonimi.
- Il lavoro nero.
- La distinzione dei lavori riconosciuti solo in base ad una funzionalità di comodo nostro.
- Lo sciacallaggio perpetrato dai soliti trafficanti ed imbroglioni.
- Il non controllo degli stessi da parte delle autorità preposte.
- L’assurdità ed ambiguità di certe legiferazioni.
- La loro incoerente applicabilità.
- La farraginosità ed inaffidabilità del sistema burocratico italiano.
- La mancanza di coraggio, coerenza e di affidabilità delle autorità e rappresentanze civili
e sindacali, in prima battuta e il non intervento sanatorio delle autorità che,
in seconda battuta, dovrebbero contemplare la revisione di una Legge tanto iniqua.



Dopo aver tanto parlato e mostrato le immagini degli occupanti,


quanti telegiornali hanno divulgato la notizia che due di loro sono stati arrestati?


E che tutti saranno espulsi?




Questo è parte del mondo degli adulti a cui guardano gli adolescenti.





Cercare di porre rimedio a tanto sfacelo può sembrare quasi utopico, e scoraggiare, ma potrebbe non essere impossibile, secondo me le vie percorribili sono tante, per esempio, partire da due concetti base:



1° ogni uomo è responsabile dei propri atti in prima persona. E questa responsabilità deve essere spontaneamente perseguita, deve diventare un’abitudine come il respirare
2° si deve perseguire la costruzione di una coscienza etica. Ci si può arrivare in tanti modi, ognuno deve trovare quello che gli è più congeniale per cultura, vocazione, attitudine … ma sempre in osservanza del 1° punto.




Inutile, in questo momento parlare di atti politici, sarebbe estremamente imbarazzante, vista la situazione e gli attori sulla scena; parlare di atti di fede religiosa è relativo e fuorviante. Per cui mi stanno molto simpatici dei movimenti, a prima vista lontani e pragmatici, ma abbastanza adatti per instaurare un, momentaneamente accettabile, impegno di costruzione della propria coscienza e, di conseguenza, vita spicciola.



Ho trovato ottimi allo scopo alcuni brani tratti da un manuale di Permacoltura, cosa che tutti pensano legata solo all’agricoltura, ma che va ben oltre.




La permacultura è la progettazione, la conservazione consapevole ed etica di ecosistemi produttivi che hanno la diversità, la stabilità e la flessibilità degli ecosistemi naturali.
Allo stesso modo, la permacoltura, si può applicare a strategie economiche e strutture sociali.



Vale a dire:


- pensare, sentire, inventare, progettare il proprio essere integrati nel mondo.
- disegnare il proprio sistema di vita, la propria casa, il territorio che la circonda,
in modo armonico, in modo consapevole.
- Consentire al proprio essere nella vita di pensarsi da sé, non di essere pensato da altri:
sostituendo l'ascolto al dominio, la curiosità alla violenza,
la speranza costruttiva alla fretta di ottenere tutto e subito.






Altri passaggi li ho trovati nel Manifesto del Voluntary semplicity movement





Curare le relazioni, a partire dai rapporti affettivi fondamentali, aprendosi però anche alla comunità ed ai cosiddetti “emarginati”.


Allontanare il calcolo economico e utilitaristico dalle relazioni affettive e dalle relazioni con gli altri, badando più al rapporto sereno e aperto che alle gelosie ed all’orgoglio.


Instaurare relazioni di collaborazione, di reciproco aiuto, di conoscenza e di dialogo in modo da disinnescare le eventuali tensioni e da garantirne la risoluzione nonviolenta.




Tutte queste relazioni, se vissute con calore, immediatezza, schiettezza, fiducia, coraggio, portano a forme costruttive sociali ed individuali che, seppur diverse ed in modo diverso, hanno un ritorno funzionale su entrambi i fronti: quello personale e quello sociale.





Tutelare il bene comune. Riscoprire la dimensione comunitaria e conviviale, creando ecosistemi armonici con chi ci sta vicino escludendo o limitando le relazioni economiche. Preservare quel poco veramente necessario alla vita serena di tutti.


Bandire le leggi dell’utile, dell’egoismo e del mercato, nella ferma convinzione che un ambiente composto da individui sereni ha conseguenze benefiche per tutti.


Ricercare la stima, la riconoscenza, il lustro, nelle interazioni reali con gli altri e non nel potere o nella disuguaglianza materiale.




lunedì 15 novembre 2010

Rubini, oh Rubini!


L’altra sera ho visto, del tutto casualmente, su rete 4 (mediaset!) un film vecchio modo, come vorrei fossero tutti i film: con il lieto fine. Alcuni personaggi, volutamente caricati, ponevano l’accento su situazioni che ci toccano tutti, se non personalmente, molto da vicino. Vizi e virtù di questa società, dove i primi sembrano prevalere sulle seconde. Sembrano …

Grande Rubini!!!
E pensare che l’ha girato nel lontano 1994!!!!.
Certo è che il film è attualissimo e mi ha sorpreso che sia sfuggito alla censura del banana.

I personaggi, sono i degni prodotti di questi ultimi anni di imbarbarimento. Il ribaltamento dei ruoli, con le paradossali avances di una donna in carriera verso i sottoposti, rende accettabile e nuova la pièce, altrimenti scontata. La frenetica angoscia di Haber porta a galla quello che è un tormentone per i più in questi ultimi anni. Gente semplice disposta ad abdicare ai propri valori nel momento che si sente minacciata da tutti quelli che valori non ne hanno. Rubini, protagonista inarrivabile nella sua inscalfibile semplicità, scandaglia i risultati del potere abusato, del dio-soldo, della sopraffazione, dell’impudenza delle corti dei vari nani. Permette di riflettere su quanto costi resistere, con mezzi o senza, alle odierne sirene. Racconta quanta fatica si debba fare per non saltare il fosso della propria e sociale morale: quando morale è stima e rispetto degli altri come di sé stessi, empatia, solidarietà, aderenza ad una scala di valori degna di un Uomo.

Come già detto, il film mi è piaciuto perché, pur mettendo in luce l’aspetto gretto del banana-time, ha una fine che ricorda il vecchio impegno dei cineasti americani (purtroppo solo fino a qualche decennio fa) di non fare mai che un film possa suggerire che il crimine, i cattivi sentimenti, paghino.
E anche perché, dopo aver fatto riflettere sulle umane debolezze, spacciate per adeguamento ai costumi, suggerisce un paio degli infiniti modi per sottrarsi al pressing del malcostume: paradossale ed esilarante quello del vecchio scrittore!

Ho dormito felice: ho sognato che, per festeggiare i centocinquanta dell’unità d’Italia, il duemiladieci si chiudeva all’altezza dei vecchi codici hollywoodiani !

domenica 17 ottobre 2010

Boom, bomba, boom!


Art. 11
Della
Costituzione Italiana

“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Alla ricerca di una logica

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
Gettare bombe non è offesa, è difesa!


consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni

l’ordinamento che assicura pace e giustizia al quale siamo legati e per il quale dobbiamo limitare la nostra sovranità è la NATO.
La Nato (North Atlantic Treaty Organization, che significa Organizzazione del Trattato Nord Atlantico) e' un'organizzazione, creata nel 1949, che ha lo scopo di mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica (Nord America ed Europa). L'accordo sottoscritto dalle Nazioni che fanno parte della Nato prevede che un attacco contro uno dei membri, deve essere considerato come un attacco nei confronti di tutti quanti gli altri membri, i quali devono immediatamente intervenire, anche militarmente, in difesa della Nazione attaccata.

...promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”


Ho cercato un elenco delle associazioni di pace italiane presenti in Afghanistan e non esiste. L’unica menzionata è l’ISAF (Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza). Mi sono chiesta: la sicurezza di chi? visto che è sparita in occasione della mistificazione su Emergency.
Già, dimenticavo l’ovvio, dei soldati di pace che aiutano la popolazione!
E allora armiamo il nostro Esercito di pace con bombe intelligenti,
colpiranno solo gli attentatori dei nostri convogli di pace.
Bohh!?

giovedì 12 agosto 2010

La sindrome di Salieri




Capire la vita o viverla?

L’arco di due incontri è bastato a ripropormi il problema e a donarmi attimi di autentico stupore. Stupore inteso come godimento della vita.

Ci sono tante cose che non so fare: alcune non mi interessano e mi scivolano accanto senza tentazioni né attenzione, altre mi hanno interessato e mi ci sono cimentata, anche se con grossi limiti, ricavandone un senso di soddisfazione. Altre ancora mi hanno sempre affascinato per il contrasto tra la mia più totale incapacità di gestirle e le infinite capacità di viverle di altri.

E proprio per questa ragione queste ultime hanno sviluppato in me un’ipersensibilità, una reattività quasi eccessiva, alla contraffazione e, allo stesso tempo, una capacità di stupire e di godere delle capacità di altri.

La poesia e la musica sono due di questi campi.

Per anni sono andata a sentire poeti, ho letto poesie e mi sono odiata per la mia incapacità di provare sensazioni piacevoli laddove tutti gli altri dichiaravano di sentirle.

Per anni ho guardato vecchie lumache arrotolate su sé stesse, arrotare sgradevolmente parole in contrasto col loro essere.
Dovevo forzarmi a pensare a cercare di capire, spesso approdando al nulla.
Per anni mi sono domandata se l’unico valore di certi artisti era stato creato dall’invidia degli altri nell’immaginarli rompere i tabù del momento.

Considerazioni molto lontane dal senso della poesia.

Che pur consolandomi, nello sminuire il cosiddetto valore, non alzava certo la stima che avevo di me. Anzi, nella coscienza di un atto di incapacità, la abbassava al massimo.

Poi sette anni fa, con la celebrazione, come pedaggio dovuto, di una serata estiva di poesia, ho creduto di riconciliarmi con me stessa nei confronti della poesia .
Tranne qualche rara eccezione, nessun poeta sacro, nessun ermetismo, ma tante persone che di una vita comune sapevano cogliere l’attimo magico e porgertelo.
Nessuna fatica di comprensione: la gioia di ricevere un garbato sorriso in parole.

L’altra sera, no.
L’avvento sulla scena di una poetessa, mi ha sconcertata.
Oddio, il berlusconismo è arrivato sino a qui!

Ho osservato perplessa e vetriolesca, l’entrata di una bella donna sul palco, e quella che credevo la sua sicumera data da un paio di generazioni di potere del soldo e forse una di potere della mente.

La fronte non alta, resa bassa dalla spartizione centrale di un capello falsamente incolto. L’abito lungo falsamente virginale, mollemente adagiato su di un corpo, nel quale un filo di cellulite incomincia a sfuggire a week end in beauty farms, palesava che, sotto quell’apparenza di ragazza navigata, c’era una donna.

Il sottofondo musicale jazzistico e l’incoerenza di parole astutamente scelte nel dizionario del “mo’ vi stupisco con la mia erudizione!” mi hanno cullato in un disimpegno emozionale.

Dapprima mi sono soffermata su particolari donneschi, credo solo per contrastare l’impatto sessualmente accattivante del soggetto:
Assomiglia alla Marcegaglia. Però buona la scelta del sandalo piatto, il vestito cade fra i piedi in un modo semplicemente antico pieno del fascino della storia femminile. Certo c’è una bella differenza con il piglio da padrona o da figa di legno di certi tacchi a spillo!

Ardita la scelta del tessuto e del colore. Bianco, tessuto mollemente adagiato sul corpo. Non è certo fatto per nascondere imperfezioni. Buona la scelta dell’assoluta mancanza di orpelli. Toh, proprio questa semplicità toglie peso ai difetti e li trasforma in pregi dell’eterno femminino. Se ripenso all’accostamento di fiori di organza appuntati su abiti, dal tessuto e colori irrigiditi da falsi significati, che alcune donne sono riuscite ad infilarsi con inamidata ostentazione.
Eh, che abisso!

Ogni tanto tento di ritornare alle parole.
La poetessa (?) le porge con forza accompagnandole con una gestualità plateale.

Seguo i suoi passi avanti ed indietro:
ogni tanto si porge, ogni tanto si ritrae, come il mare, mai di lato.

Seguo le mani: ha atteggiamenti drammatici. Ma non sono scontati.
Le osservo meglio e finalmente capisco che fanno: attua, non so quanto istintivamente e quanto abbia studi alle spalle, le tecniche più antiche per favorire l’energia, il prana.
Una volta capito è facile seguire i suoi gesti: non è melò,
è in contatto con l’universo.

Le parole continuano ad avere un senso oscuro, per fortuna il suono del sax, del basso, del piano e non ultimo della batteria le tengono agganciate al presente, perché le “sue” emozioni mi rimangono lontane, oscure.

Poi la sonorità ed il ritmo incominciano a prendermi.
Senso, senso dammi un senso perché possa seguirti!
Non c’è; sono elucubrazioni tese a creare un sofisma, una masturbazione mentale!

Cerco tra i chiari e gli scuri evocati, tra l’incalzare delle parole,
il fiato sospeso,
un gran senso di appagamento nella ricchezza del tutto.

Poi il silenzio. I battimani, gli inchini da diva.

Ecco ho scoperto cos’è una “diva”.

Una sua esibizione è un’antica operazione di marketing. Ho capito perché, in epoche diverse, quando queste operazioni non erano inflazionate da ciarpame mediatico, alcuni potevano perdere la testa e la fortuna nel tentativo di catturare un semplice atto di attenzione di una “diva”.

Frastornata ed incantata,
come mi ritrovo quando all’improvviso cessa il vento tra gli alberi,
nel foyer ho dato sfogo alla mia sindrome di Salieri e
ho risposto tout court,
con immane stronzaggine,
a chi mi domandava che ne pensavo:
Una notevole presenza scenica!

martedì 27 luglio 2010

Un regalo



Sono contadini slavi che falciano nella pianura russa.

Espressione seria e raccolta, tipica della rappresentazione mediovale, ma che taglia fuori quel quid che c’è in ogni lavoro, in ogni incontro che non sia vacuo: la trasmissione del “sapere”.

La trasmissione di infiniti valori, saperi, filtrati dalle vite di tante “persone”.
Un valore inestimabile.

Anche se uso i cosiddetti mass media, nell’anno 2010, debbo ancora molto a questo retaggio comunicativo e
ne sono infinitamente felice.

mercoledì 14 luglio 2010

No comment, o quasi!


oggi ho ricevuto da Google AdSense una mail con la quale mi avvisavano di aver disattivato la pubblicità, per aver pubblicato delle foto di un nudo (peraltro riprese da un giornale europeo) in un post dell’estate scorsa.

All’inizio mi sono detta: “mi hanno confusa con una delle mie omonime (per la cronaca: una giornalista, una pornostar, una suora). Quando mai ho pubblicato materiale osceno?
Poi rileggendo bene ho capito che intendevano proprio me! e per il blog del luglio scorso 2009: il re è nudo! Il post al quale avevano già cancellato autonomamente 19 commenti e mi avevano suggerito di cancellarne, di mia sponte, altri due veramente innocenti, ne è sopravvissuto 1 solo!

La cosa non mi tocca molto perché il nudo non era né porno, né edificante, però ho cercato di modificare il post, eliminando le foto, ma non so se ci sono riuscita. Boh?!

Mi tocca, nel senso che mi preoccupa, che anche un gigante come Google abbia dovuto mettersi al riparo.

Ragionandoci sopra: foto di pubblico dominio che non ledono la dignità del soggetto e che, all’epoca, sono state tollerate dallo stesso con l’ostentazione sfrontata di un “possedere” anche quel “potere”, non mi sembravano nemmeno degne di nota.
Invece giustamente Google ci vede una lesione del contratto AdSense, che prevede che non si possano postare foto porno, di nudi o di atti sessuali. Pace, niente pubblicità.
Ma che la lettera si chiuda in questo modo, con questo tipo di intimidazione finale:

“Tenga presente che, qualora continuiamo a riscontrare violazioni da parte sua in futuro, potremmo disattivare il suo account.”

Mi lascia con la bocca amara, e prendo tristemente nota che è incominciato anche il casino informatico per cui la rete è piena di siti violenti, porno, di pubblicità porno, di spam porno ( che mi arriva in base alla mia età anagrafica) e solo il parental control tutela i minori o i semplici cittadini, ma il banana gioca a fare il re e chiede i distinguo a suon di dollaroni e di Leggi ad personam.

Censura!



Il Re è nudo! Una volta i Capi diventavano capi in quanto simboli di saggezza, di qualità positive, perché la gente amava identificare in loro le migliori aspirazioni, amava rispecchiarvisi. La gente ha sempre amato avere (qui c'era un immagine che mi è valsa la sanzione )dei Capi. La gente comune non ama il rischio, la lotta, l'assunzione di responsabilità pesanti, cose che peraltro è costretta a fare tutti i giorni, ma che pensa siano picciol cosa per il solo fatto che sono alla portata di persone comuni, come loro appunto. Invece le cose importanti, quelle relative alla Nazione, quelle hanno un immenso valore, vanno gestite dai Grandi!Allora la gente, in tempi di Democrazia, si guarda intorno e dice:"chi è il più bravo tra noi, chi ci rappresenta?"e poi:"chi è il più bravo tra i bravi, chi ci rappresenta?" Gli italiani studiano poco la Storia e le storie in generale, è un dato accertato.Ma non fosse anche accertato, i fatti dimostrano che è così: confondono ancora Storia e storie. Il signore qui a fianco è stato scelto da una larga parte degli italiani per rappresentarli. La nudità non è un peccato, per cui non è per quello che ho cercato e messo a confronto queste due foto, ma è per dimostrare una volta di più che le bugie hanno le "gambe" corte.Il signore è ripreso in condizioni di normale relax nella prima, e mentre si appresta a discutere di politica nella seconda.(qui c'era la seconda ) Sì, perché lui sostiene che in quelle occasioni intratteneva ospiti politici coi quali doveva parlare di cose importanti, affari internazionali, candidature o semplici affari di Casa Nostra e si vedeva costretto dai suoi doveri di anfitrione ad offrire, beninteso di tasca sua, qualche "svago": danzatrici, musici, ecc.Infatti questo personale da "ricreazione" viaggiava sul suo elicottero personale, o no? La seconda foto documenta che il signore, che è un tipico "uccello da spiaggia", si arrazza parlando di politica, come si può ben vedere. Tragico è che il signore, una volta che ha finito di parlare di politica in privato, ha la tendenza a trasformarsi in "uccello padulo" per tutti gli altri. meditate, gente, meditate,voi che l'avete votato,le bugie hanno le gambe cortee il reprima o poi è nudo!
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23/06/09