Diffidate gente di chi inizia
tutti i suoi discorsi con “Io”,
anche se si dichiarano amici non lo sono e non
lo saranno mai veramente.
Sarà una falsa modestia
cattolica, ma mi è stato insegnato che non era educato iniziare i discorsi
con “io”.
Bene, ho sempre applicato questa
regola e, nel tempo, mi sono accorta che costruiva pace, chi non l’applicava
non aveva solo degli opinabili problemi di educazione, ma aveva dei seri
problemi di rapporto sociale.
Le persone che iniziano tutti i
loro discorsi con “io”
non ascoltano gli altri, si “contrappongono” sempre, si
misurano sempre con agli altri in base a giudizi preconcetti, nei quali danno sempre
a sé stessi maggior valore che agli altri.
Il continuare a confrontarsi è
foriero di guerre,
sì, perché le guerre nascono da piccole cose agite da
piccoli uomini.
I piccoli uomini hanno sempre bisogno di schiacciare gli altri
per sentirsi qualcuno.
Li schiacciano con la forza di un
successo effimero, conteggiato sulla quantità di soldi posseduti o fatti
transitare nelle loro mani. A loro non importa quale valore morale o sociale
gli altri possano avere, quanto amore siano stati capaci di dare o suscitare, quanto
ne potranno ancora dare. A loro non importa di tutti coloro che hanno un animo o una mente semplice, poca o tanta cultura,
se non hanno saputo trasformare
tutto ciò in soldoni:
sono poveri, quindi non valgono niente.
I poveri si possono umiliare in
mille modi: girando la testa da un’altra parte, anche quando il gesto di dare una
monetina non può scalfire la ricchezza acquisita.
Si possono umiliare sminuendone
sempre le aspirazioni, i sogni, le idee, le capacità.
Si può dare ad uno dell’incapace
senza neanche avere il coraggio di farlo direttamente, basta fare gli esempi di
“altri” e contrapporli alla propria “saggezza”.
E se le persone si ribellano
all’ovvietà dell’offesa, allora si aggiunge anche un insulto alla loro
intelligenza, rinnegando l’intenzione di offendere.
I maramaldi dell’io spesso
invocano a loro sostegno un Dio,
ma altrettanto spesso si dimenticano di quelle
regole che esistono in tutte le religioni
e che, in quella di più largo uso in
Italia, si chiamano “di carità”.
Sovente, pur conoscendo il
significato vero di parole come:
empatia, partecipazione, amicizia, condivisione
di momenti piacevoli e spiacevoli, di sogni, di speranze, di progetti,
non
riescono a viverle.
Diffidate di chi incomincia tutti
i suoi discorsi con “io”,
sono persone che costruiscono differenze, diffidenze,
giudizi, insomma partono dal basso, da cose che sembrano di poco conto, ma alla
fine creano guerra e distruzione .