mercoledì 26 gennaio 2011

27 gennaio 2011




Mattina, freddo cane. Mi lavo rabbrividendo e mi vesto in tutta fretta. Giorgio accende la stufa. Mangiamo la nostra tazza di yogurt, un caffè. Neve, freddo. Si rimanda tutto a tempi migliori. Attesa, freddo.
Sera, freddo. Si cena presto: una zuppa calda. Ci si infila cappello, giacca e sciarpa e si va in biblioteca a vedere il telegiornale. Freddo.
Si va a letto, il bicchiere d’acqua sul comodino. Qualche volta ghiaccia e si rompe il bicchiere.
Siamo fortunati la nostra è una scelta, masochista in questo periodo dell’anno, ma una scelta.

Nei lager loro non sceglievano.

Questa notte,
memore delle fiabe nelle quali chi,
fuggendo l’orco,
si perde nel bosco
ma trova il coraggio di camminare nel buio guidato da un lumino lontano,
terrò acceso un cero alla finestra.
Terrò acceso il cero che non ho potuto accendere 66 anni fa.

Per non dimenticare,
per chiedere scusa,
per non ripetere,
perché come scrisse Shakespeare:

tutti possono dominare il dolore, tranne chi lo prova

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