domenica 20 luglio 2008

sensazione sconcertante


Ho la netta impressione che qualcosa di molto importante mi stia sfuggendo.
Non so se ho un problema oggettivo o soggettivo.
Per cui non so se lasciare che le cose vadano da sole o se debbo agire per intervenire.
Il cuore e la mente irrazionale mi dicono di reagire, di provare, lottare se necessario. Il cosiddetto buon senso comune suggerisce di fare la cosa più facile.
Ma vale la pena di fare solo la cosa più facile?
Ho già passato ¾ della mia vita a fare le cose che il buon senso comune suggerivano e riservando al mio cuore ed alla mia “personale” mente spazi molto esigui.
Il risultato non mi piace affatto!
Non è che il bilancio sia tutto in negativo, ma certo è che non ho ottenuto né capra né cavoli. Né tanto meno questa arrendevolezza a favore del cosiddetto buon senso mi ha portato ad avere una sicurezza compensativa nel futuro. Anzi, ho la certezza di non avere nessuna sicurezza nel mio futuro! Ho una giovane amica che riunisce in un blog perle di saggezza sulle meravigliose possibilità di godere la vecchiaia (un mare di esempi edificanti), ho trovato molte tesi a sostegno di una mia decisione, peccato non poterle usare che a livello di parole: la vecchiaia si costruisce da giovani!
Io in questa mia vecchiaia mi sento come quando vado in albergo: la stanza può essere bella o confortevole, avere una bella vista ed un buon servizio in camera, ma non è la “mia” stanza e, come finisco i soldi, me ne devo andare. Una stanza in albergo può essere meravigliosa solo se è un momento di passaggio tra una casa ed un’altra, un’apertura sul mondo dell’inusuale!
C’è un valore nella coppia, che sta nell’unità creata dalla complementarietà degli individui, dal “sogno” comune, dalla capacità di “concedere” sé stessi e dalla possibilità di farlo in assoluta fiducia. Non sempre è realizzabile, ognuno di noi ha la tendenza a perpetuare schemi di sopravvivenza infantili, per cui se non c’è una sovrapponibilità degli schemi si verifica quello che gli inglesi definiscono, semplicemente ed onomatopeicamente, “a struggling on”.
Così io, dopo aver dato tanto valore all’essere nel cuore e nella mente, ora non sono più nessuno.
Certo non disconosco tutte le cose che ho fatto, ma sicuramente rimpiango di aver assecondato troppo le persone che ho amato. Questo non ha dato certezze né a loro, né tanto meno a me.
E così ora che, come direbbe la mia amica, sto nella meravigliosa età della piena coscienza, io una coscienza appagante ce l’ho solo in minima parte e non so proprio quanto sia meravigliosa!
A questa età si incomincia a sentirsi più vulnerabili, sai che le forze non ti assisteranno quanto le esigenze della vita, che avrai bisogno di essere tutelato oltre le tue capacità, sai anche che non sei riuscito a costruire una coppia o una società che lo faccia, così ti senti inquieto e non sai che fare degli ultimi barlumi di forza: resistere strenuamente o lasciarsi andare?
Ho un sogno che senz’altro serve al mio cuore ed è un’eredità che posso lasciare alle mie figlie, forse servirà anche alla sopravvivenza del domani.
Che faccio?
Lotto per tenerlo o faccio, per l’ennesima volta, quello che vogliono gli altri, sperando che mi garantisca un pochino oltre l’oggi?
È veramente difficile decidere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

cara amica saggia. togli il freno a mano e lanciati: dai alla vita l'opportunità di portarti dove è giusto che tu vada. hai "servito" tutta la vita, mettendo sempre gli altri al primo posto. ora ti sei guadagnata il diritto ad una corsa libera. non sprecarlo.
le cose che dici sulla vecchiaia sono vere. ma ricordati che la terza e soprattutto la quarta età sono profezie che, in buona parte, si autoavverano. una delle poche cose in cui scienza e bibbia concordano è l'ipotetica durata della vita umana: 120 anni.
ma il punto non è se la vita possa durare 30, 70 o 120 anni. che duri ancora un giorno, un anno dieci o cinquanta, vivila senza freni inibitori. concediti il diritto di esprimere chi sei. jung diceva di ascoltare per tre notti i propri sogni, il grande vecchio saggio dentro di te ti risponderà. quando è morto mio fratello, tanti anni fa, io ho fatto a lui e a me una promessa (che è in fondo ciò che mi ha salvato): che quando sarà il mio turno, dovrò poter dire di averci provato. riuscirci in fondo non è importante, ma provarci sì. fa parte di quella che shakespeare chiamava dignità del vivere e il dalai lama ricerca di felicità e di essenza. un forte abbraccio alla tua sensazione sconcertante, che è ciò che ti tiene viva e ti spinge verso il cambiamento.